14.
Una contessa misteriosa
Lalou stava attraversando boulevard du Temple a passo spedito. L’aria di Parigi, finalmente respirabile, era fresca e frizzante e dai bistrot si alzava un allegro chiacchiericcio.
Era una serata parigina come tante altre, ma in quello scenario così familiare Lalou notò un tipo dall’atteggiamento sospetto. L’uomo alto, vestito di blu, con una curatissima barba brizzolata, faceva nervosamente avanti e indietro accanto a una macchina parcheggiata. Lo sguardo inquieto guizzava verso le vetrine illuminate dei negozi. Fino a pochi giorni prima Lalou avrebbe tirato dritto senza badare troppo a quel tizio dall’aria nervosa.
«Fermo, Lalou» si disse invece. «Ora sei un detective!» E, fingendo interesse per le scarpe esposte in un negozio, fece in modo di non perdere il contatto visivo con l’uomo in blu. I pensieri del ragazzo cominciarono a correre. «Che stia facendo il palo per una banda di ladri? O che sia semplicemente un marito infedele che teme di essere scoperto?» Il ragazzo si sentì come King Ellerton quando cominciava a snocciolare ipotesi geniali a raffica. Con studiata noncuranza lanciò ancora un’occhiata in direzione dell’uomo. Il suo volto era sempre più teso e la sua camminata più nervosa.
Lalou notò che poco distante c’era un telefono pubblico.
«Forse sta aspettando una telefonata... Ma certo! Ha assoldato un killer e ora è in attesa che gli dica che è andato tutto liscio!»
La realtà però non era un romanzo di King Ellerton. All’improvviso comparve sulla scena una signora pingue, con un vezzoso cappottino bianco e una decina di borse e pacchetti fra le mani.
L’uomo in blu le andò incontro sbuffando. — Finalmente! Il parcheggio è già scaduto da dieci minuti e io non avevo spiccioli... Sai che ho rischiato di prendere una multa, Jacqueline? — disse aprendo il bagagliaio.
Lalou scoppiò a ridere. Il misterioso comportamento dell’uomo in blu era solo il preludio a un battibecco coniugale!
Il ragazzo riprese a camminare, puntando verso vicolo Voltaire. Anche se non aveva scoperto un nuovo, clamoroso caso, la giornata era stata comunque positiva. In mattinata era arrivata una sufficienza in matematica, mentre nel pomeriggio il suo assolo di chitarra per la nuova canzone del gruppo era nettamente migliorato. Come ultima cosa, la visita alla tipografia dove aveva lavorato Deloffre era stata molto fruttuosa. E non certo perché aveva ritirato cento locandine di un concerto inesistente.
Quando Lalou varcò la soglia di casa sua, all’ultimo piano del palazzo al numero 11 di vicolo Voltaire, tutto era buio e silenzioso, dal momento che sua madre era ancora al lavoro, ai magazzini La Fayette. Il ragazzo piombò nella minuscola cucina, dove rastrellò velocemente una baguette, una tavoletta di cioccolato e una bottiglia di latte, quindi si diresse nella sua stanza.
Aveva appena pigiato il tasto di accensione del computer, quando qualcuno suonò alla porta di casa. Erano Annette e Fabò.
Avevano sguardi assetati di novità.
— Allora? — lo assalì subito Fabò.
— Novità dalla tipografia? — gli fece eco la sorella.
Lalou si limitò ad abbozzare un sorrisetto enigmatico. Ogni tanto gli piaceva tenere i due Gaillard un po’ sulle spine...
— Eddàaai! — sbuffò Annette, che per tutto il giorno non aveva pensato ad altro che alle indagini sul caso Deloffre.
— Tranquilli, ragazzi, ce l’abbiamo — annunciò Lalou elusivo.
— Abbiamo cosa? — fece Fabò.
— Il nome. Il nome dell’amico di Deloffre, quello morto da poco.
— Grandioso! — commentò Annette.
— Già, il tizio si chiamava... —. In quell’istante esatto l’espressione da grande investigatore svanì dal volto di Lalou, che strabuzzò gli occhi. — Meno male che me lo sono segnato — bofonchiò cominciando a rimestare nei tasconi della sua felpa.
I fratelli Gaillard ridacchiarono. Finalmente Lalou estrasse un foglietto spiegazzato e lesse: — Luc Ferblantier, ecco come si chiamava.
— Bene — annuì Annette. — E ora che si fa?
— Che ne dite di una ricerca in rete? Mia madre finalmente mi ha restituito il modem — disse Lalou.
I fratelli Gaillard accolsero la proposta con entusiasmo e seguirono Lalou nella sua camera, dove si sistemarono davanti al superschermo da 23 pollici.
La ricerca non diede risultati particolarmente esaltanti. Al cognome Ferblantier corrispondevano una fabbrica di vernici di Lione e un commerciante di vini del Sud.
— Pare che questo tizio non fosse né una rockstar né un calciatore famoso — scherzò Lalou.
Sullo schermo passarono pagine e pagine prive di indizi o informazioni sull’amico di Deloffre. Quando sembrava ormai che i tre avessero fatto un buco nell’acqua, Lalou notò qualcosa.
— Ehi! — esclamò. — Sul sito Photoclick.net c’è una pagina personale a nome di Luc Ferblantier.
— Wow... Ma cos’è Photoclick.net? — domandò Fabò.
— Un sito di photosharing! — rispose Lalou. Annette e Fabò lo guardarono come se avesse parlato nella lingua di un popolo alieno.
— È uno di quei siti dove la gente mette le sue foto per farle vedere agli amici — spiegò allora il ragazzo.
— Interessante — commentò Annette. — E tu dici che potremmo trovarci qualcosa?
— Forse, ma per entrare nella pagina di Ferblantier c’è bisogno di una password.
— Uffa — si lamentò Fabò. — C’è sempre bisogno di una di quelle maledette password.
Lalou si fece pensoso. — Beh... Un mio amico mi ha appena dato un programma che serve proprio a scoprire le password nascoste, potremmo provarlo.
— Non mi sembra bello ficcare il naso in mezzo alle foto di uno che non c’è più — disse Annette, perplessa.
Lalou si grattò il mento. — Capisco cosa intendi. Ma noi lo faremmo per scoprire indizi sul caso Deloffre. E siamo convinti che Deloffre sia innocente. Secondo me Ferblantier sarebbe contento se trovassimo qualcosa che può aiutare il suo migliore amico.
— Giusto! — annuì Fabò.
Anche Annette trovò che il discorso di Lalou fosse sensato. Così il ragazzo trafficò un po’ con mouse e tastiera e lanciò un programma dal nome minaccioso, che cominciò a sparare sullo schermo cascate di lettere e numeri.
— Ci sarà da aspettare un po’ — li avvertì.
Sul letto di Lalou giaceva abbandonata una Flyp3, l’ultimo modello di console per giochi più venduta al mondo. Tre paia di occhi si diressero su quel lucido pezzo di tecnologia.
— Non credo che King Ellerton lo farebbe...
— Però...
— Tutto sommato...
— Potrebbe volerci anche più di un’ora...
Pochi secondi dopo, Lalou e i fratelli Gaillard si stavano già sfidando su tre bolidi di Formula Uno, tra le curve della pista di Monte Carlo.
Di lì a circa tre quarti d’ora, mentre Lalou era fermo ai box, e Fabò e Annette si tallonavano su una chicane, dal computer alle spalle dei ragazzi provenne un sonoro ding! I tre si voltarono di scatto.
La scritta password trovata lampeggiava nel bel mezzo dello schermo. Annette e Lalou mollarono il loro gran premio e schizzarono di nuovo di fronte al computer. Fabò, invece, terminò il giro, aggiudicandosi la gara. Lalou fece un paio di clic, poi cominciò a visionare la pagina nella quale Luc Ferblantier aveva inserito le sue foto.
Era evidente che l’amico di Deloffre era un appassionato di animali. La maggior parte delle foto era stata scattata in giro per gli zoo del mondo. Immagini di giraffe, ippopotami, scimpanzé, tigri e zebre si susseguirono in rapida successione sullo schermo.
— Che fregatura — sbottò Fabò.
— Aspettate, — disse invece Annette — guardate lì —. E indicò una cartella di immagini in un angolo del monitor.
— VIAGGIO A BIARRITZ — lesse Lalou.
— Biarritz... — fece Fabò, colpito da quel nome.
— Tra gli oggetti di Deloffre c’erano una cartolina di Biarritz e il sottobicchiere di un bar della stessa città! — ricordò Annette, precisa come al solito.
Lalou si precipitò ad aprire la cartella indicata da Annette.
— DELOFFRE!! — esclamarono i fratelli Gaillard all’unisono puntando il dito verso il monitor.
In effetti il signor Deloffre compariva in quasi tutte le foto. E non era l’unica cosa interessante: in una si vedeva sullo sfondo un pulmino, sulla cui fiancata campeggiava la scritta VIAGGI SARTOU.
— Questo Sartou è come il prezzemolo — commentò Fabò.
— Sento che abbiamo beccato qualcosa di importante! — disse Annette, con gli occhi che le scintillavano per l’eccitazione.
— E guardate questa tizia, che ve ne pare? — chiese Lalou indicando una corpulenta signora con un vistoso abito a fiori che, in una foto sul lungomare, sorrideva abbracciata a Deloffre e a un tipo segaligno che doveva essere Ferblantier. Sotto era stato scritto un commento: Eccomi, tutto allegro, con Jacques e la fantastica contessa Blumier!
— Mitico! C’entra anche una contessa in questa faccenda... — osservò Fabò, molto soddisfatto.
— Contessa Blumier... — ripeté Lalou con espressione assorta. — Credo che faremo bene a ricordarci questo nome.
— Già... ma saremo noi a ricordarcelo, — replicò Annette maliziosa, segnandoselo rapidamente sul taccuino — tu, invece, tra dieci minuti te lo sarai già scordato, Lalou!